La figura professionale dello psicologo, evidenzia e valuta eventuali problemi cognitivi, affettivi e relazionali attraverso colloqui individuali, con utilizzo di test neuropsicologici, osservazione e conduzione di attività di gruppo o sul singolo.
La valutazione psicodiagnostica è un processo di diagnosi volto a valutare il funzionamento cognitivo della persona, ossia l’andamento di funzioni quali la memoria, l’attenzione, il linguaggio, ma anche eventuali variazioni a livello del comportamento e del tono dell'umore. E' consigliabile richiedere una valutazione psicodiagnostica quando si presentano lacune mnesiche (compromissione delle capacità di apprendere nuove informazioni, dimenticare la luce o il gas acceso ecc.), disturbi attenzionali (perdere il "filo del discorso", non riuscire a seguire un film o una discussione ecc.), modificazioni comportamentali (labilità emotiva, aggressività, depressione, disinibizione ecc.).
La valutazione ha lo scopo di identificare e descrivere la natura e l'entità dei problemi di salute di natura fisica potenzialmente pregiudicanti l'autonomia funzionale del paziente durante la visita. Per questo, sarà somministrata una breve batteria testistica in cui verrà valuto il grado di autonomia e dipendenza nelle attività quotidiane (ADL, IADL, Indice BARTHEL).
Il paziente dovrà essere sempre accompagnato dal caregiver di riferimento e da tutta la refertazione clinica (TAC, RMN ecc.), al fine di inquadrare la situazione clinica della persona.
Per uno svolgimento ottimale delle prove sono richiesti occhiali da vista e protesi acustiche, quotidianamente utilizzati. Ogni test tiene conto, grazie a una taratura, di età e scolarità del paziente, nel caso in cui egli sia analfabeta, sarà predisposta una batteria di test che non richieda tali capacità, portando comunque a termine la valutazione.
La valutazione non consiste nella mera esecuzione di test cognitivi, come erroneamente qualche inesperto può pensare, ma comprende una serie di passaggi:
1. Raccolta dei dati anamnestici:
* il motivo per cui il paziente è giunto alla valutazione (se è stato inviato dal medico di base o dal neurologo per una diagnosi differenziale; se il paziente è stato condotto dai familiari che hanno notato dei disturbi; se ci sono dei motivi legali, per determinare l’entità del danno biologico e l’eventuale necessità di amministratore di sostegno, nel caso la persona non sia più in grado di occuparsi, in modo autonomo, della gestione della propria persona o del proprio patrimonio. Inoltre, può essere richiesta, in ambito di medicina legale, sia da commissioni deputate al rilascio/rinnovo delle patenti di guida, sia da commissioni deputate al rilascio dell’invalidità (conseguente ad incidenti sul lavoro, incidenti stradali ecc…). In questi ultimi casi, la relazione inerente alla valutazione effettuata deve necessariamente essere rilasciata in ambito pubblico.
* in che modo il disturbo si è evoluto. Nel caso di disturbi cognitivi esorditi improvvisamente, si pensa ad un evento acuto, ad esempio ictale, mentre se non si è in grado di definire un momento di esordio preciso e i disturbi peggiorano col tempo, ci si indirizza verso una patologia neurodegenerativa.
* la personalità premorbosa del paziente riferendosi alle attività che svolgeva ma anche al suo carattere prima dell’esordio della patologia, in modo da capire se i deficit hanno modificato in modo rilevante la sua vita, ma anche per avere ulteriori informazioni che possano guidare nell’iter diagnostico. Se ad esempio, il paziente era una persona educata e riservata ed ora si mostra disinibita e inopportuna, si può pensare ad una patologia di tipo frontale.
* la storia medica dei familiari, per capire se c’è una familiarità per alcune patologie.
* l’impatto che i disturbi hanno sulla vita quotidiana del paziente, per capire se hanno inciso sull’autonomia della persona, ad esempio nell’ambito lavorativo o scolastico.
2. Colloquio con il paziente:
* per osservare gli aspetti qualitativi che non emergono dai test formali: la consapevolezza della malattia e l’eloquio (se ha scarsa iniziativa comunicativa, se da risposte pertinenti, se comprende ciò che gli diciamo, se rispetta i turni ecc.).
Il colloquio è essenziale perché permette l’instaurarsi della prima relazione con il paziente e lo predispone alla successiva somministrazione dei test.
3. Somministrazione dei test cognitivi:
* per indagare le abilità cognitive (l’orientamento spazio-temporale, il linguaggio, l’attenzione, la memoria, la cognizione spaziale, la capacità di inibizione, di programmare un’azione, ecc.) e stabilire se queste risultano adeguate per l’età ed il grado di istruzione del paziente, oppure se sono presenti alcune prestazioni al di sotto della norma.
Dopo la prima visita, l’esaminatore può eventualmente richiederne una seconda per approfondire alcuni aspetti emersi dalla prima valutazione e redigerà una relazione, nella quale verranno messe in evidenza le eventuali aree deficitarie e verrà indicata un’ipotesi diagnostica.
4. Colloquio con i familiari: viene effettuata la restituzione ai familiari e al paziente, in cui si spiegano i risultati emersi e si chiariscono le conseguenze che i disturbi possono avere sulla vita quotidiana, fornendo anche delle previsioni circa l’eventuale peggioramento o miglioramento e, laddove necessario, viene prospettato un intervento di riabilitazione cognitiva, di sostegno per l’eventuale recupero o mantenimento delle abilità cognitive e relazionali e offre uno spazio di ascolto ed elaborazione delle problematiche legate alle varie fasi della vita.
° Patologie per le quali è spesso richiesta una valutazione psicodiagnostica:
- Demenze (Alzheimer, Parkinson…)
- Sclerosi multipla - Patologie neurologiche connesse all’invecchiamento
- Traumi cranici
- Ictus
- Tumori cerebrali
Per maggiori informazioni e per richiedere una consulenza per una valutazione psicodiagnostica potete visionare il sito del Dott. Aldo Marinacci, Psicologo Sessuologo, e in particolare modo la sezione Valutazione Psicodiagnostica.
Dott. Aldo Marinacci